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Antonio Canova


Possagno, un amore nato oltre 35 anni fa.

Le gite scolastiche, quale migliore occasione di trasgredire, qualsiasi destinazione andava bene pur di fare una gita. Ma quell’anno fu una gita particolare, un giorno particolare che ancora oggi ha uno spazio nel mio cuore.

Possagno è la patria del più grande scultore neoclassico Antonio Canova (Possagno, 1 Novembre 1757 – Venezia 13 ottobre 1822). Il suo corpo è conservato a Possagno nel Tempio Canoviano. Scultore eccelso destinato al mondo che ha lasciato la sua grande eredità d’arte nella sua Casa Natale e, accanto, nella solenne Gipsoteca realizzata nel 1836, che raccoglie pressoché tutti i modelli originali delle sue sculture, i bozzetti in terracotta, i disegni, i dipinti.

 

 Il Tempio Canoviano è la chiesa parrocchiale di Possagno, consacrata alla Santissima Trinità. Il Tempio è una costruzione neoclassica progettata da Antonio Canova e disegnata da Pietro Bosio e Giovanni Zardo con la collaborazione dell’architetto Gian Antonio Selva e Luigi Rossini. La costruzione fu cominciata l’11 luglio 1819 e il Tempio fu inaugurato nel 1830. Il tempio si trova ai piedi del Col Draga a 342 metri sul livello del mare, è una grandiosa costruzione neoclassica. Poggia su tre ampie gradinate e su un vasto acciottolato dalle artistiche forme geometriche progettato dall’architetto Giuseppe Segusini.

Nel Tempio si possono distinguere tre elementi architettonici: il colonnato, che richiama il Partenone di Atene; il corpo centrale simile al Pantheon romano; l’abside dell’altare maggiore.

Le tre parti rappresentano simbolicamente le tre fasi essenziali della storia: la civiltà greca, la cultura romana ed infine la grandezza cristiana

La spesa del Tempio venne sostenuta quasi per intero dallo scultore; ai lavori partecipò praticamente tutta la comunità di Possagno (che fornì anche alcuni materiali e lavoro volontario) e lavoranti del circondario.

Il Canova morì il 13 ottobre 1822, quindi a lavori appena iniziati, ma nel suo testamento affidò al fratellastro mons. G. Battista Sartodi il compito di portare a termine l’impresa, cui teneva in modo precipuo. Il 7 maggio 1832 il Tempio, chiesa parrocchiale di Possagno, è solennemente consacrato alla Trinità.

Possagno rappresenta il luogo dell’incontro con la cultura del Canova. E’ uno scrigno che contiene il passato ed il futuro, la tradizione e l’innovazione. Per questo il Museo e Gipsoteca Antonio Canova apre le sue porte al pubblico, proponendosi come un “complesso canoviano” costituito da musei, da una biblioteca e da un archivio, con spazi destinati agli studiosi ed al pubblico. In questi sacri luoghi vengono realizzate molte iniziative per renderlo un luogo innovativo, vivo e in grado di educare e di trasmettere la cultura.

Le opere di Canova si contraddistinguono per l’eleganza delle forme, per la bellezza e la semplicità delle sue figure. L’artista veneto infatti abbandona i drappeggi eccessivi e lo sfarzo delle opere barocche, spoglia la figura umana di tutti gli orpelli per
restituirla in
tutta la sua purezza al fine di ricavarne la sua essenza nel candore del marmo.  Grande ammiratore dell’arte e del mondo ellenico, Canova era un appassionato cultore della mitologia greca. Quando era al lavoro infatti, nel suo studio c’era sempre qualcuno che aveva il compito di leggere storie tratte dai classici del mondo greco.  Antonio Canova si è dedicato anche alla pittura, arte che coltivava come piacere personale, evitando di rendere pubbliche le sue creazioni.

 

Il Museo di Antonio Canova è proprio l’immagine totale della sua arte e della sua vita. Qui è conservata la sua memora per volere del fratello Giovanni Battista Sartori. Oggi questa realtà costituisce un riferimento imprescindibile per tutti i musei del mondo che custodiscono gelosamente i capolavori in marmo espressione della sua genialità.

 

Ma chi era Antonio Canova

Antonio Canova nacque a Possagno (Treviso), a circa 80 km da Venezia, il primo novembre 1757: a soli quattro anni rimase orfano del padre, Pietro; la madre, Angela Zardo, si risposò poco dopo con Francesco Sartori e si trasferì nel vicino paese di Crespano, ma Antonio rimase a Possagno, con il nonno Pasino Canova, tagliapietre e scultore locale di discreta fama. Questi eventi segnarono la sensibilità di Antonio Canova per tutta la vita.

Fin da giovanissimo, egli dimostrò una naturale inclinazione alla scultura: eseguiva piccole opere con l’argilla di Possagno; si racconta che, all’età di sei o sette anni, durante una cena di nobili veneziani, in una villa di Asolo, abbia eseguito un leone di burro con tale bravura che tutti gli invitati ne rimasero meravigliati: il padrone di casa, il Senatore Giovanni Falier, intuì la capacità artistica di Antonio Canova e lo volle avviare allo studio e alla formazione professionale.

Nel 1768, Canova cominciò a lavorare nello studio della scultura dei Torretti, a Pagnano d’Asolo, poco distante da Possagno: quell’ambiente fu per il piccolo Antonio (che tutti chiamavo “Tonin”) una vera e propria scuola d’arte. Furono i Torretti ad introdurlo nel mondo veneziano, ricco di tanti fermenti culturali e artistici. A Venezia, Canova frequentò la scuola di nudo all’Accademia e studiò disegno traendo spunto dai calchi in gesso della Galleria di Filippo Farsetti.

Dopo aver lasciato lo studio dei Torretti, avviò una bottega in proprio: eseguì le prime opere che lo resero famoso a Venezia e nel Veneto: Orfeo e Euridice (1776), Dedalo e Icaro (1779).

 

Nel 1779, Canova compì il suo primo viaggio a Roma, dove produrrà le sue opere più belle (dalle Grazie ad Amore e Psiche, dai Monumenti funebri dei Papi Clemente XIII e XIV e a Maria Cristina d’Austria ai numerosi soggetti mitologici, come Venere e Marte, Perseo vincitore della Medusa, Ettore e Aiace) e lavorerà per sovrani, principi, papi ed imperatori di tutto il mondo. A Roma, era ospite dell’ambasciatore veneto, a Palazzo Venezia, Gerolamo Zulian che fu grande mecenate degli artisti veneti. Lo stesso Zulian procurò a Canova le prime commissioni a Roma e direttamente gli ordinò Teseo sul Minotauro (1781) e Psiche (1793).

Nel frattempo conobbe Domenica Volpato, figlia dell’incisore Giovanni, con la quale ebbe un’amicizia travagliata; la sua fama cresceva in Italia e all’estero: riceveva sempre nuove e impegnative commissioni da ogni parte d’Europa. Ben presto, la sua arte, organizzata secondo la tecnica degli antichi greci, dal disegno all’argilla, dal gesso al marmo, sviluppò un lavoro formidabile e una vicinanza sempre più forte ai temi della mitologia classica.

Quando i Francesi occuparono Roma, nel 1798, egli preferì abbandonare la città e ritornare a Possagno dove si dedicò alla pittura: in due anni, egli dipinse molte delle tele e quasi tutte le tempere che oggi sono custodite nella sua Casa natale di Possagno.

Nel 1800, tornò a Roma dove la situazione si era fatta meno disordinata: lo accompagnava il fratellastro Giovanni Battista Sartori che gli sarà fedele segretario per tutta la vita.

L’avvento di Napoleone sulla scena politica europea (1804, incoronazione ad imperatore) determinò un periodo fecondo della produzione artistica di Canova (dal Napoleone di Apsley House ai busti dei Napoleonici, dal marmo di Letizia Ramolino alla famosissima Paolina di villa Borghese) e contemporaneamente resiste alle lusinghe di diventare l’artista della Corte dell’imperatore francese; anzi, nel 1815, subito dopo la disfatta di Waterloo, Canova è a Parigi, con il fratellastro Giovanni Battista Sartori: grazie ad una abile azione diplomatica riesce a riportare in Italia numerose e preziose opere artistiche trafugate da Napoleone in Francia. Pio VII, per questa sua grande opere in difesa dell’arte italiana, gli conferì il titolo di Marchese d’Ischia, con un vitalizio di tremila scudi che egli volle elargire a sostegno delle accademie d’arte.

Nel luglio del 1819, Canova era a Possagno per porre la prima pietra del Tempio che volle progettare e donare alla sua comunità come chiesa parrocchiale: il maestoso edificio sarà completato solo dieci anni dopo la sua morte, avvenuta il 13 ottobre 1822, a Venezia, in casa dell’amico Francesconi. Il suo corpo, per volere del fratellastro, fu traslato prima nella vecchia parrocchiale e, dal 1832, nel Tempio.

Oggi, a Possagno, chi visita gli ambienti che furono di Antonio Canova, il Tinello, il Giardino, il Porticato, parlano ancora di lui, dei suoi “ozi” dediti alla pittura, delle feste semplici e rustiche che i compaesani gli dedicavano quando tornava da Roma o da Parigi o da Vienna e si immergeva nella pace della sua contrada e della sua Casa.

Poi con l’età dopo aver visitato vari musei, ci si innamora di un’opera e la si eleva nel proprio cuore alla massima espressione dell’artista tanto ammirato, in fin dei conti tutto è soggettivo.

Secondo me La Paolina Borghese esposta a Villa Borghese a Roma è un’opera strepitosa.

 

Commissionata dal principe romano Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, la scultura, raffigurando la donna nella posa dei ritratti classici romani e ispirandosi a Venere vincitrice, incarna alla perfezione il concetto neoclassico di grazia e bellezza come valori ideali derivati dal perfetto equilibrio tra arte e natura. Il pomo nella mano sinistra richiama la vicenda mitica per cui Venere, in una disputa di bellezza con Era e Atena, fu giudicata la migliore delle tre da Paride, vincendo dunque una mela d’oro con la scritta “alla più bella”. Il corpo della donna, seminudo e avvolto da un lieve drappeggio, è morbidamente appoggiato sul letto e sui cuscini, tutti ricavati dallo stesso blocco di marmo. Di qui l’unità dell’insieme, che sottolinea il movimento di torsione della figura suggerito dalle pieghe delle vesti e del lenzuolo, dalla posizione delle braccia e dal volto di profilo. La superficie levigata, secondo la tecnica della cera a fluido, conferisce al soggetto ritratto toni luminosi rosati, aggiungendo un tono realistico all’astrazione ideale della composizione.

“Ho letto che gli antichi una volta prodotto un suono erano soliti modularlo, alzando e abbassando il tono senza allontanarsi dalle regole dell’armonia. Così deve fare l’artista che lavora ad un nudo.”

(Antonio Canova)

Dove possiamo trovare esposte le opere del Canova? In tutta Europa dal museo Correr, Venezia; museo Civico, Padova; Victoria and Albert Museum, Londra; basilica dei Santi Apostoli, Roma; museo del Louvre, Parigi; musée d’Art et d’Histoire, Ginevra; Galleria Borghese, Roma; basilica di Santa Croce, Firenze; Staatliche Museen, Berlino;  Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo; e molti altre città;

ma…. nel Veneto ….. a Possagno (TV)”, c’è La Gipsoteca che è ospitata in un grande edificio a forma basilicale che raccoglie modelli in gesso (gipsoteca infatti significa letteralmente “raccolta dei gessi”), bozzetti in terracotta, marmi del celebre artista. Accanto alla gipsoteca, la casa natale dell’artista raccoglie la pinacoteca (oli su tela e tempere), alcuni disegni, le incisioni delle opere e numerosi cimeli.

Vi consiglio di partire da qui alla scoperta di Antonio Canova!

Gigi.